dr.ssa Simona Fantoni
Che rabbia! Ascoltiamola
Tra le emozioni, la rabbia sembra essere una di quelle che ci spaventano di più, sia in noi che negli altri. Spesso facciamo di tutto per scacciarla, tenerla lontana, comprimerla, fingere che non esista, come se fosse una cosa solo negativa e distruttiva di cui avere paura. Così facendo in realtà dimentichiamo che la rabbia è un terreno di grande vitalità, dove si mobilitano moltissime energie.
Quando emerge, significa che non ne abbiamo potuto fare a meno. A volte è proprio l’ultima strada che ci resta da percorrere, dopo che tutte le altre ci sono sembrate bloccate o inutili. Si tratta di un sentimento nostro e solo nostro, fatto della nostra storia, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni, che nessuno ha il diritto di portarci via. Va da sé che il tentativo di negare la nostra rabbia, non riconoscendone il diritto ad esistere, oppure mortificandola, ci procura sempre una grandissima mutilazione.
Inoltre, troppo spesso dimentichiamo che la rabbia ha la stessa caratteristica di tutte le altre emozioni e cioè un inizio, un’evoluzione e una fine. Peraltro, nella vita quotidiana della maggioranza delle persone non lascia molti morti sul campo di battaglia, nonostante le nostre fosche previsioni che le attribuiscono una potenza che solitamente non ha.

A ben vedere l’emozione della rabbia nasconde spesso il bisogno di esprimere e comunicare altro. Così, dietro alla rabbia degli adulti o dei più piccoli, possiamo rintracciare angoscia, dolore, impotenza, paura dell’abbandono, non sentirsi esistenti perché svalutati, o non capiti, o non ascoltati e così via.
Capita che questi sentimenti non trovino altri canali per essere espressi se non nella manifestazione di rabbia.
Guardata da questo punto di vista, ecco allora che la rabbia ci appare come un tentativo, seppur attraverso una modalità inadeguata, di comunicare e in un certo senso di andare verso gli altri. In genere ci arrabbiamo con qualcuno e se succede vuol dire che c’è qualcosa che ci ha fatto male.
Ascoltare le rabbie nostre e altrui è difficile, perché ci mette in contatto con sentimenti e bisogni con cui è faticoso confrontarsi. Tuttavia, questo ascolto diventa necessario per dare alla rabbia uno sbocco evolutivo.
Facciamo attenzione e proviamo ad ascoltare le rabbie di noi adulti, ma anche quelle di bambini e ragazzi, se vogliamo aiutarli a crescere.
Non sono tutte uguali, sono molto diverse tra di loro, a seconda dei bisogni che nascondono. Non liquidiamole semplicisticamente dicendo che sono dei capricci.
Se i bisogni che sottendono sono quelli del non sentirsi ascoltati, capiti, aiutati ad avere fiducia in se stessi, se i sentimenti che celano sono quelli del dolore, dell’angoscia, della paura dell’abbandono, allora ben venga la rabbia a testimoniare che cosa è successo e sta succedendo. È un vero e proprio segnale di all’erta.
In conclusione, occorre dare un senso a quei comportamenti “rabbiosi” che altrimenti potrebbero essere solo giudicati negativamente e non capiti.
Restituire un senso alle nostre rabbie e a quelle dei nostri ragazzi e bambini, può tradursi in un tentativo di recupero dei bisogni che ci stanno dietro, anche quando sono faticosi da gestire e tollerare. Consapevoli che ogni emozione che proviamo ha un inizio, un’evoluzione e una fine, come in genere tutte le cose del vivere.
Bibliografia: Alba Marcoli, "Il bambino arrabbiato. Favole per capire le rabbie infantili".